NEI MEANDRI DELLA NATURA – Vedo ovunque nella natura, ad esempio negli alberi, capacità d’espressione e, per così dire, un’anima. Vincent Van Gogh Il tema ambientale è di forte attualità e oggetto di stringente dibattito nella contingenza contemporanea, ma sovente viene trattato in maniera didascalica e retorica. Giuseppe Rossi si avvicina a questo argomento spinoso e dibattuto da un altro punto di vista, originale e privilegiato, quella dello scopritore di significati nascosti, di chi intende penetrare nel tessuto naturale per coglierne l’anima e la vera essenza. L’artista ha scelto difatti da una decina d’anni di seguire un percorso artistico relativo allo studio arboreo – definito dendronaturalismo – che si è evoluto nel tempo, passando dalla più completa esperienza figurativa fino all’informale degli ultimi lavori in cui i tratti materici hanno acquisito maggiore importanza e corposità pittorica. L’albero è un elemento naturale che da sempre ha avuto un legame mistico con la persona umana. Per gli antichi era il collegamento tra il cielo e la terra, il mondo spirituale e quello fisico. Con l’utilizzo dei colori puri, Giuseppe Rossi ha tracciato il suo personale rapporto con la sua originale matericità e il pulsare interno della natura dell’olivo e del castagno – piante che affondano le loro radici ancorandosi al terreno – riprendendo un rapporto iniziato già dagli anni ‘70 coi suoi primi lavori pittorici incentrati sulle foglie. L’artista si focalizza ora su di una storia ancestrale che parte da molto lontano e che vede intersecarsi i destini dell’uomo e di due tipologie di alberi che necessitano di continue cure per mantenere il loro fascino millenario e che a loro volta donano all’essere umano riposo dalla calura e sostentamento. L’ulivo viene scelto come pianta misteriosa e affascinante dai mille significati, per gli antichi Greci difatti era considerata sacra e utilizzata per adornare le teste dei vincitori dei giochi olimpici, per gli Ebrei era simbolo di giustizia e di sapienza, per i cristiani veicolo di pace e riconciliazione tra Dio e gli uomini così come nella simbologia evangelica. Assieme ad esso sceglie di investigare il castagno, che ha una storia antichissima – detto anche l’albero del pane poiché con la farine di castagne poteva sfamare intere popolazioni – e assumeva anche un ruolo mistico nel momento in cui i suoi rami fungevano da talismani per scacciare gli spiriti maligni, utilizzato assieme alle pratiche magiche per favorire le unioni. Due simboli primordiali e archetipici dunque che si presentano agli occhi come due totem svettanti monolitici e statuari, dei quali l’artista sceglie soltanto il tronco tralasciando le frasche. Una scelta di fondo sicuramente rigorosa e fortemente inedita, pregna di viatici reconditi che tendono ad andare a sollecitare le sensazioni nascoste di chi guarda e a suscitare domande ed interrogativi senza tempo. La struttura portante ripresa con una sorta di surrealismo naturalistico diviene così una metafora sentimentale della vita umana che si presta a differenti interpretazioni. Quella di Giuseppe Rossi è una pittura vigorosa ed energetica che crea tronchi antropomorfi di grandi dimensioni attraverso stratificazioni materiche che amplificano la visione, nei quali talvolta si rintracciano le sembianze di una deformazione del volto umano o di altre figure. L’artista costruisce, attraverso una densa pennellata di colore, percorsi tortuosi che alternano buchi neri nei quali ci si può immergere come in un pozzo senza fondo e parti di corteccia sbrecciata che si contorcono tra loro come sofferenti, portando alla luce i pensieri nascosti nei meandri più oscuri della mente, mentre la gamma cromatica di colori – che non sono affatto reali ma frutto di un’elaborazione fantasiosa che non corrisponde alla realtà – contribuisce a far affiorare sensazioni legate agli stati d’animo percepiti. Inquietudini sommerse vengono così alla luce con un effetto visivo estremamente impattante che gioca sull’alternarsi del buio e della luce e che negli ultimi anni va a sfociare in un’evidente astrazione. E’ così che gli alberi scomposti e contorti di Giuseppe Rossi ci parlano di mondi lontani e mistici, scarnificando le nostre supposizioni, avvicinando la nostra spiritualità alla materialità dell’esistenza e ponendo la nostra coscienza al di fuori dello spazio e del tempo.

 

Francesca Baboni